Pieno di vita, onesto, appassionato, credo siano state queste qualità a spingere Amado nella stesura di un indiscutibile capolavoro del '900, qualità che si sono rovesciate nello stesso testo, dove a una divertita descrizione di un angolo di Brasile e dei suoi abitanti si alterna un tuffo nel cuore palpitante di ogni essere umano posto di fronte alla più dura sfida di tutta una vita: amare qualcuno per quello che è.
La fortunata dona Flor è posta in condizione di amare due uomini in simultanea e di poterli tenere entrambi, senza con questo minimamente scalfire i più severi dettami del pubblico decoro. E, così, dona Flor si alterna, in un'altalena estasiante, tra un uomo piatto e prevedibile, rispettosissimo, serio lavoratore, farmacista in ogni singolo aspetto della vita e nell'organizzazione della medesima, più un altro uomo, di tutt'altra pasta, un formidabile puttaniere, giocatore d'azzardo, dilapidatore di sostanze, ubriacone che, però, sparge intorno a sé a piene mani il più prezioso dei beni: la rivitalizzante allegria. E questo connubio le consente di vivere una vita amorosa piena e soddisfacente dove è sconfitto e bandito il più insidioso dei nemici: la noia.